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26.6.09
Antonella Antares
Potenza, città della cultura negata.Ieri alle 13.52
L’oblio della memoria delle origini è un male che lentamente, ma in maniera costante, sta affliggendo le culture del nostro territorio.
Non si sta parlando di quella pseudo “civiltà contadina” che tanto è tornata in voga negli ultimi anni e che tante risorse economiche e sociali ha e sta ancora dissipando.
Quello che interessa è il sostrato sopra il quale si è costituito e rafforzato il senso d’appartenenza e di radicamento al territorio, che è il risultato del passaggio di diversi secoli e di diverse dominazioni che tanto hanno segnato la nostra cultura comune e che è facile percepire ogni volta che ci fermiamo ad osservare con occhio attento il nostro patrimonio storico, artistico, architettonico e letterario.
Siamo figli di tante “culture madri” che è bene tutelare e valorizzare. La cultura italica, greca, romana, longobarda, bizantina, araba, normanna, angioina, aragonese, borbonica e infine italiana, sono tutte presenti seppur in modo diverso nel nostro modo di vivere, parlare, rapportarsi al prossimo, mangiare, costruire.
Ognuna di esse ha lasciato tracce indelebili nel rispettivo periodo di passaggio ed ognuna di esse va riscoperta, valorizzata e fruita.
La riappropriazione di questo back-ground storico, artistico e culturale è l’unico fine a cui si deve tendere in un qualsiasi progetto sul Patrimonio Culturale o sulla cultura materiale e immateriale.
Il riconoscimento di questa nostra memoria comune richiede l’impegno concreto di tutte le forze sociali presenti sul territorio, oltre all’attenzione da parte degli stessi cittadini, che seppur con alta scolarità –specie nelle fasce più giovani-, sembrano troppo distratti per essere concretamente attratti dalla passione per la riscoperta di quel bagaglio, patrimonio di tutti, tanto glorioso in passato quanto dimenticato oggi.
È sulla scorta di questa necessità che l’obiettivo principale di un qualsiasi evento su questi argomenti deve essere finalizzato al riconoscimento e alla conoscenza del Patrimonio Culturale dell’area presa a riferimento da parte degli abitanti dello stesso territorio.
L’ambizione di colmare questa lacuna di memoria attraverso una serie di iniziative organizzate in comunione con esperti e con le Istituzioni è l’unico obiettivo possibile: e quando parlo di esperti mi riferisco a chi realmente possiede questo mestiere e non si inventa, al momento, poiché i programmi europei prediligono questi settori e il danaro viene offerto per tali argomenti Ed è proprio la voglia di conoscenza presente naturalmente nell’animo di ognuno di noi e mai del tutto sopita a rappresentare il punto di partenza necessario per intraprendere il cammino verso il ritrovamento di quella memoria comune che ci unisce e ci identifica quali cittadini di un unico territorio.
Ma qualcuno di voi ha mai sentito parlare di Sarolo da Muro o di Melchiorre di Montalbano?
In quanti sanno chi è il Pietrafesa e che tipo di diffusione ha avuto la sua pregevole opera?
Chi davvero conosce la storia della città di Potenza? Chi si è mai occupato di comprendere l’importanza della identità cittadina e di cercarla in Gerardo da Piacenza?
C’è qualcuno che stimola questi interessi con iniziative ad hoc?
In definitiva, se in pochissimi conosciamo l’identità di provenienza a cosa serve proporre mostre ed eventi di culture lontane dalla nostra e che non ci appartengono? Se non c’è interesse verso il nostro perché dovremmo trovare interesse verso l’altrui?
Organizzare una mostra su Sarolo da Muro e la scultura meridionale di quel periodo, ad esempio, è forse meno importante di organizzare una mostra su Giotto o De Chirico? Assolutamente è molto più importante ed efficace poiché Sarolo ha operato in questi territori e quello che noi vediamo sotto i nostri occhi è ciò che scultori come Sarolo hanno realizzato.
Significherebbe inserire la nostra cultura in un panorama di cultura che ci appartiene. Significherebbe offrire momenti di reale riflessione culturale che potrebbero essere portati nelle scuole.
O, nello specifico, la storia della nostra città, o il comprendere, ad esempio, il valore della famosa “sfilata dei Turchi” che da circa 20 anni è affidata a pseudo esperti che millantano crediti inesistenti e portano avanti teorie fantasiose poiché non conoscono la documentazione a riguardo.
O l’abbattimento delle fornaci in via Cavour di cui si ha notizia sin dal 1200 che potevano essere l’unico momento di archeologia industriale della città: ma qualcuno, quando sono state abbattute, ha pensato di chiedere, di informarsi, di capire cosa significava valorizzare quella zona?
Forse, qualcuno pensa che il Lingotto di Torino o le Ciminiere di Catania, per fare due esempi molto noti, sono archeologia industriale più importante perché sono ubicate non a Potenza e, dunque, meritevoli di restauro?
Questi due luoghi appena citati hanno una storia breve che risale a 2 secoli fa, le nostre fornaci erano lì almeno dal XIII secolo: trattasi di provincialismo sfrenato o di ignoranza crassa visto che a volte, se ascolto qualche politico della mia regione, sento ancora dire che la nostra è storia minore? Qualcuno può spiegarmi qual è la maggiore e cosa esattamente significa aggettivare la storia – religiosa, economica, minore o maggiore-?
Di che male stiamo tutti soffrendo nel restare indifferenti di fronte a tali scempi: accidia, forse?
Come si può denominare Potenza, città cultura se giornalmente si compiono errori irreparabili sotto il silenzio dell’ignoranza dei molti e il disinteresse della quasi totalità degli abitanti?
E gli intellettuali dove sono? Anzi chi sono?
Cosa fanno? E l’Università?
Qualcuno si è accorto che a Potenza c’è una Università?
O si usa tale Ente solo al momento e poi si dimentica tanto non serve a nulla?
E per quanto tempo ancora dovremo sentire i nostri politici che parlano di cultura tanto perché fa appeal e viene considerata come orpello decorativo e non come reale soluzione del nostro degrado morale e istituzionale?
Ma qualcuno ha mai letto i curricula dei nostri politici e le specifiche conoscenze di ognuno per capire che l’80% di costoro sono assolutamente ignoranti e privi di un mestiere? In cosa potremo mai migliorare se la classe dirigente politica è composta da villici zoticoni?
Ma quando è stato ospite il sindaco Cacciari qualcuno ha provato a fare un confronto tra costui e il resto della nostra classe politica?
Se è un problema di ignoranza e di sottosviluppo morale e degrado civico e sociale, potranno mai essere costoro ad aiutare il progresso intellettuale dei cittadini? Ad attuare la rivoluzione morale del nostro popolo?
Ad concludendum tale noiose riflessioni con il Cattaneo:
“ …molte menti non sono avvezze a dominare le grandi curve sulle quali si svolge l’istoria, e non vedono la gran parte che la conquista, i privilegi, l’oppressione ebbero nell’associare li sforzi di popoli fra loro prima sconosciuti e aborriti, nel demolire le pertinaci tradizioni dei secoli ignari, nel pareggiare al godimento dei diritti civili, militari e religiosi, nel preparare il dominio delle grandi istituzioni che rendono men barbaro il mondo e men dura la vita, nel propagare le idee che svolgono l’intelligenza e la civiltà”.
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Pia Migliorino Ho vinto la mia prima battaglia, virtù, tenacia e grande coraggio mi hanno portato al mio primo risultato: sono stata ricevuta dal Segretario di Berlusconi. Il mio BOATO davanti Palazzo Chigi, ha sortito un grande risultato. Ho approfittato della visita dell'israeliano del 23 giugno, per COSTRINGERLI ad ascoltarmi. IL COMIZIO DI UNA DONNA SOLA DEL SUD, HA FINALMENTE SFONDATO IL PALAZZO D'ORO. L a mia prima vittoria di una donna tutta sola senza la solidarietà di nessuno, PER UNA BATTAGLIA TUTTA DONNA IN UN TEMPO IN CUI LE DONNE SON MORTE...33 minuti fa ·Ti piace.
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