A questo film (con dialoghi tutti in lingua friulana), che fu girato in vari luoghi (interni a Paluzza e Ampezzo, esterni a Forni e Villa, Varmost…), diedero il loro contributo molte comparse carniche.
Da ricordare in particolare modo SIRO ANGELI (il poeta di Cavazzo: vedi sezione Poesie) che, oltre ad esserne sceneggiatore, interpretò pure il personaggio dominante di Barbe Zef, e la piccola Anna Bellina di Treppo Carnico che recitò il ruolo di Rosute. Ora il MessaggeroVeneto ha riproposto una ultima brillante edizione per la Collana “Friuli d’Autore” rilanciando questo romanzo ambientato in Carnia.
Per il carnico però questo resta un romanzo assai difficile e controverso. Se da un lato descrive e dipinge uno dei luoghi più incantevoli della Carnia (la zona di Forni di Sopra col Varmost), dall’altro indugia e scava su personaggi che sintetizzano gli aspetti più deteriori del montanaro. Tutti sanno come un tempo ALCOLISMO E INCESTO fossero il denominatore comune di ogni comunità isolata (montana e non), laddove si consumavano, all’interno delle mura domestiche, quotidiani drammi e infinite tragedie che lasciavano il segno poi per le generazioni future.
Questa intollerabile rappresentazione della Carnia e della sua gente (quasi che alcolismo incesto e analfabetismo fossero invece la cifra particolare di questa terra), ha per anni creato una vera e propria ripulsa per questo romanzo e per questo film, che tuttavia erano e sono, dal punto di vista estetico, delle opere di assoluto rilievo.
La stessa sorte ebbero, per dire, anche il romanzo ed il film GLI ULTIMI di padre Davide Maria Turoldo, che suscitarono commenti e considerazioni quasi sempre negative in Friuli, suggerite comunque dalla malintesa difesa di una friulanità risentita e offesa.
Maria Zef è il romanzo della miseria: miseria materiale e miseria morale, entrambe determinate da un destino incomprensibile e indeterminato, che si intrecciano e si avviluppano verso un esito drammatico, che non lascia spazio ad una pur tenue speranza.
I personaggi (Catinute, Mariutine, Rosute, barbe Zef) vengono tratteggiati in maniera precisa, a tratti impietosa, sempre aderente alla realtà, quasi verista…Perfino il cane Petòti assume un ruolo di rilievo in questo romanzo, che offre splendidi affreschi naturali, gravi silenzi attoniti, leggere atmosfere di sentimenti purissimi, ampi squarci di sereno bruscamente interrotti dallo scroscio selvaggio del temporale e della violenza…
Dopo averlo riletto a distanza di tanti anni, oggi non ritengo più che questo sia un romanzo CONTRO la Carnia e la sua gente (non lo accuso più di lesa carnicità!), quanto invece un disperato e autentico (ma impotente) grido contro la violenza che oggi assume certamente altre sembianze. Contro una violenza che appare incontrastabile e assoluta e che richiede altra violenza per essere debellata. Non so se l’autrice del romanzo intendesse questo, forse no, ma queste pagine oggi non lasciano altro spiraglio... Certamente un romanzo così forte e tagliente, fa riflettere a lungo.
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